Tra politica elettorale e guerra civile

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Gli anarchici affrontano le elezioni del 2020

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Mentre il giorno delle elezioni si avvicina in un ambiente permeato da ansia all’idea che Donald Trump tenti di mantenere il potere con la forza o con l’astuzia, il potenziale rivoluzionario palpabile all’inizio di giugno si è ritratto quasi oltre l’orizzonte. L’anarchia, l’abolizionismo e le tattiche di azione diretta hanno guadagnato terreno durante l’era Trump; grazie alla politica del terrore creata dell’amministrazione, gli anarchici non hanno mai avuto così tanta visibilità. Ancora una volta, stiamo osservando le elezioni escludendo qualsiasi altro argomento o strategia. Nonostante decenni di rifiuto della democrazia rappresentativa, molti anarchici si concentrano sulla speranza di una vittoria di Biden o sul tentativo di capire come bloccare un colpo di stato di Trump, per timore che la Democrazia ceda il passo all’autocrazia. Altri fanno eco all’estrema destra prevedendo una guerra civile.

Questa è una storia vecchia, in cui le minacce gemelle di tirannia e guerra civile servono a disciplinare i ribelli affinché sostengano la democrazia rappresentativa, precludendo la possibilità di un cambiamento rivoluzionario. Ma cosa succederebbe se non volessimo niente di tutto ciò - né tirannia, né guerra civile, né il continuo accontentarsi di essere governati dal minore tra due mali?

Velati segni di agitazione.

Il meglio che questo sistema può offrirci.

Il minore tra due mali

Non sorprende che gli anarchici siano preoccupati per il risultato delle elezioni. Quale che sia l’amministrazione che salirà al potere - sia con la vittoria elettorale sia con altri mezzi – ciò determinerà il tipo di sfide che dovremo affrontare mentre continueremo a combattere per abolire Polizia, prigioni, confini, e altre forme di oppressione.

Ecco la motivazione più incisiva che possiamo immaginare per votare: se pensiamo di essere impegnati in un conflitto aperto con un esercito avversario composto da tutte le forze statali, potrebbe avere senso approfittare di una possibilità, per quanto piccola, di influenzare chi guiderà quell’esercito contro di noi. Da questo punto di vista, potrebbe valere la pena dedicare mezz’ora per andare alle urne - ammesso che non esista davvero un modo più efficace per impiegare quella specifica mezz’ora - ma non potrebbe mai giustificare il distogliere la nostra attenzione dai nostri sforzi offensivi o far sapere ai nostri nemici dove dormiamo la notte.1 (A coloro che temono che il voto legittimi i nostri governanti, potremmo ribattere che il modo principale in cui legittimiamo il loro Governo consiste nel non rovesciarli.)

Ovviamente, la stragrande maggioranza delle persone non vede le elezioni in questo modo. L’ossessione liberale per il voto come fine ultimo della partecipazione politica è un sintomo - e un alibi – di un rifiuto perverso di assumersi la responsabilità di tutti i modi più efficaci che possono essere intrapresi per il cambiamento. Allo stesso modo, le persone di sinistra che ammettono che lo Stato rappresenti un ostacolo strutturale alle loro aspirazioni tendono tuttavia a far sperare che il regime periodico del minore dei due mali possa essere un passo verso un mondo migliore anziché un modo per stabilizzare l’ordine esistente. Di conseguenza, sono sempre colte di sorpresa dai modi in cui gli attori statali cooptano e minano i loro sforzi.

Prendiamo il Partito dei Lavoratori in Brasile, Syriza in Grecia e, non molto tempo fa, Barack Obama negli Stati Uniti. Hanno tutti fatto ricorso alla retorica progressista e a riforme sociali minori come copertura per continuare ad attuare un programma neoliberista e reprimere i movimenti per il cambiamento sociale, alimentando la disillusione popolare e, infine, creando le condizioni affinché l’estrema destra salisse al potere. Solo se paragonati a Bolsonaro, Nuova Democrazia, e Trump - i successori di estrema destra di cui hanno reso inevitabili le vittorie - queste amministrazioni possono sembrare desiderabili per chiunque sia schierato a sinistra.

Questa volta, nessuno s’illude che progressi o riforme siano da qualche parte nell’àmbito del voto. C’è cinismo a iosa. Se, nella sua prima campagna presidenziale, Trump promise sostanzialmente che avrebbe riportato la classe operaia bianca agli anni Cinquanta, Joe Biden propone di riportare l’America al 2016. Politicamente parlando, Biden è una nullità che rappresenta la paura degli elettori di essere governati da Trump, la loro disperazione nel vedere un cambiamento significativo attraverso il sistema politico e la loro incapacità d’immaginare un approccio più efficace all’autodeterminazione.

“Senza rivoluzione, non c’è cambiamento. Vota PCPE!” Questo graffito che promuove il Partito Comunista dei Popoli di Spagna illustra adeguatamente le contraddizioni del rapporto della sinistra con la Democrazia di Stato. Dalla metà del XIX secolo, Marx e i suoi successori hanno riconosciuto che esistono ragioni strutturali per cui lo Stato non serve la classe operaia, spingendo nondimeno i lavoratori a formare partiti e a candidarsi.


Tutti i voti nel mondo

Più ci concentriamo sulle elezioni, più tendiamo a interiorizzare la logica della politica elettorale: rappresentanza, regola di maggioranza, sovranità che ammette un solo vincitore, rispetto delle procedure. Le preoccupazioni liberali sul mantenimento dello Stato di diritto e sulla riforma del collegio elettorale servono a inculcare tali premesse.

Per esempio, se la ragione per cui sarebbe inconcepibile accettare un secondo mandato Trump è perché crediamo che la maggioranza degli elettori debitamente registrati in questo Paese si opporrà alla sua candidatura, e se Trump sorprendesse di nuovo tutti vincendo le elezioni con una netta maggioranza del collegio elettorale, o addirittura conquistando il voto popolare? Avremmo quindi il dovere di accettare la sua autorità e obbedire alle sentenze della sua Corte Suprema?

Dal nostro punto di vista, inquadrare il problema della permanenza di Trump al potere come preoccupazione legata al fatto che possa farlo illegalmente. è codardia etica. Chi si concentra su questo, dimentica che il primo motivo per cui siamo in questa situazione è perché Trump era già stato eletto attraverso lo stesso sistema elettorale democratico che ci esortano a difendere a ogni costo. Concentrarsi sulla possibilità che questa volta Trump possa ottenere una vittoria in modo subdolo, equivale a preparare tutti coloro che si oppongono a Trump a essere pronti a rinunciare alle lotte e ad accettare altri quattro anni della sua amministrazione se vincerà “seguendo le regole.” Altrettanto significativo è il fatto che ciò serve per abituare le stesse persone alla noncuranza se Biden prenderà il potere ma continuerà a far rispettare almeno alcune delle politiche dell’era Trump, come senza dubbio farà. Il problema è la Democrazia stessa, perché induce le persone a ignorare la propria coscienza in favore del protocollo, a prescindere dal costo che ciò comporterà dal punto di vista della sofferenza umana.

Come anarchici, non abbiamo deciso di interrompere l’insediamento di Trump perché ha perso il voto popolare nel 2016 – l’abbiamo fatto perché ci siamo opposti al suo programma nella sua totalità * e perché ci siamo opposti all’idea che possa esistere qualcuno che possa essere in grado di esercitare così tanto potere in primo luogo.* Non abbiamo bloccato gli aeroporti perché avevamo previsto che un giudice debitamente nominato avrebbe eventualmente dichiarato incostituzionale il Muslim Ban di Trump - lo abbiamo fatto perché crediamo che tutti gli esseri umani debbano godere del diritto di viaggiare liberamente, a prescindere da qualunque ordinanza di qualsiasi un presidente, giudice o turno di votazioni. La nostra guida morale non è maggioritaria o procedurale. Anche se Trump fosse rieletto con il 100% dei voti degli aventi diritto a suo favore,2 continueremmo a resistere ai suoi attacchi contro gli immigrati, ai suoi interventi federali contro le proteste di Black Lives Matter, alla sua autorità sostenuta dalla forza.

Non c’è nulla di intrinsecamente giusto nella volontà della maggioranza, non più di quanto ci sia qualcosa di intrinsecamente etico o onorevole nell’obbedire alla Legge. Se si vuole davvero porre fine all’ingiustizia, si deve rendere impossibile a qualsiasi gruppo - sia esso una minoranza o una maggioranza - di dominare sistematicamente gli altri. Fino a quando non costruiremo ampie reti orizzontali di solidarietà per raggiungere questo obiettivo, tiranni come Trump continueranno a salire al potere, e centristi come Joe Biden continueranno a cercare di scendere a patti con loro in modo tale che la nostra società si avvicini sempre più alla tirannia - e tutti i voti il mondo non aiuteranno.

“Tutto quello che è successo nella Germania nazista era legale. È accaduto nelle aule di tribunale, proprio in questo modo. È stato fatto da giudici, giudici che indossavano toghe e giudici che hanno citato la Legge e giudici che hanno detto ‘Questa è la Legge, rispettala.’”

  • Jerry Rubin, 15 febbraio 1970, dopo aver saputo della condanna per oltraggio alla Corte.

Come il Centro usa la destra

La minaccia rappresentata dalla candidatura di Trump e dalla violenza dei suoi sostenitori è strategica per centristi come Joe Biden e per i suoi sostenitori del The New York Times. che hanno già trascorso l’estate usando questa scusa per esortare i manifestanti a lasciare le strade e a rinunciare alla loro influenza sui dipartimenti di Polizia assassini, suggerendo senza fondamento alcuno che le proteste potrebbero spingere gli elettori tra le braccia di Trump.

Infatti, analizzando i sondaggi nel corso del 2020, Biden ha consolidato la sua leadership a fine maggio, dopo lo scoppio della ribellione per George Floyd Trump ha iniziato a riguadagnare terreno solo quando le proteste si sono placate. Se Trump Trump dovesse perdere queste elezioni e non riuscisse a mantenere il potere con altri mezzi, gran parte del merito dovrà essere attribuito ai ribelli che hanno costretto un sottoinsieme della classe dominante a spostare la propria fedeltà a Biden, dimostrando che altri quattro anni di Trump potrebbero rendere gli Stati Uniti ingovernabili.

I centristi hanno sempre beneficiato della minaccia rappresentata dall’estrema destra. Grazie a Trump, se Biden dovesse vincere le elezioni e si assicurasse il potere, milioni di persone che hanno tutti i motivi per combattere contro il suo programma esplicito tireranno comunque un sospiro di sollievo. I Liberali che avrebbero continuato a protestare contro le politiche d’immigrazione razziste e la violenza della Polizia sotto Trump li accetteranno senza proferir parola sotto Biden, lasciando che i radicali continuino a opporsi a loro isolati ed esposti.

Da giugno 2020, abbiamo percorso parecchia strada – parecchia strada nella direzione sbagliata. All’indomani della rivolta, quando la gente in tutto il Paese aveva visto i manifestanti a Minneapolis distruggere un Distretto di Polizia tramite un’azione diretta, è stato finalmente possibile immaginare l’abolizione dell’istituzione della Polizia stessa. I riformisti hanno stemperato questa proposta coraggiosa, sostituendo la loro proposta di “tagliare i fondi” alla Polizia esercitando delle pressioni. Non sorprende che riportare la lotta sul terreno della politica partitica e della procedura pubblica abbia prodotto risultati squallidi. Ora che la gara tra Biden e Trump sta attirando l’attenzione di tutti, anche tagliare i fondi alla Polizia sembra inguaribilmente idealistico.

Quindi, la campagna di Biden rappresenta la controrivoluzione, non meno di Donald Trump. Gli assurdi tentativi di Trump di ritrarre Biden come un radicale di estrema sinistra mobilitano gli elettori di destra ma servono anche a chiudere la finsetra di Overton a sinistra, inquadrando la campagna di Biden come la piattaforma più radicale immaginabile.

Questa tendenza a indebolire le proposte radicali e a ridurre la portata dell’immaginazione popolare è insita nella Democrazia maggioritaria. Il bisogno di competere per formare il più grande blocco elettorale per conquistare il potere tende a ridurre tutte le piattaforme politiche al minimo comun denominatore, facendo sparire le differenze. Ogni tipo di minoranza è strutturalmente costretta a diventare partner minore in coalizioni poco incentivate a dare la priorità ai loro bisogni. La centralizzazione dà luogo all’omogeneizzazione, emarginando coloro che non vogliono o non possono fingere di essere come tutti gli altri, rafforzando l’ordine esistente come unica realtà possibile.

Facendo pressione sulle persone per sostenere il minore dei due mali anziché perseguire i propri sogni, la politica elettorale fa sì che quei sogni diventino sempre più irraggiungibili.

Graffiti in Italia”

Verso la guerra civile?

Allora qual è l’alternativa? Se non concediamo al politico che vincerà le elezioni il diritto di governarci, cosa significherà per il futuro degli Stati Uniti d’America? Come procedere se la realtà consensuale imposta dalla Democrazia maggioritaria rende impossibile un cambiamento radicale?

L’estrema destra ha già avanzato la risposta a queste domande: la guerra civile. Se non riusciranno a mantenere il controllo dello Stato - la macchina della violenza centralizzata - con mezzi elettorali, minacciano di occuparsi personalmente della violenza.

Anche alcuni antifascisti hanno adottato questa retorica - e in effetti, per alcuni, la guerra è già arrivata. “Vedo una guerra civile proprio dietro l’angolo,” ha detto Michael Reinoehl a un giornalista immediatamente prima di essere ucciso a sangue freddo da un poliziotto.

La maggior parte di coloro che mettono in guardia sull’imminente guerra civile non la stanno sostenendo esplicitamente, stanno solo sostenendo che dovremmo essere preparati. Tuttavia, come spiegò Emma Goldman nel suo saggio “Preparedness, the Road to Universal Slaughter,” prepararsi per la guerra può accelerarne l’arrivo. Può anche rendere difficile prendere in considerazione altre possibilità.

I motivi per cui l’estrema destra chiede a gran voce la guerra civile sono complessi. A livello popolare, i razzisti sentono di essere sul punto di perdere la guerra culturale e di perdere slancio nei cambiamenti demografici. Alcuni hanno apparentemente concluso che più a lungo rimanderanno le ostilità aperte, peggiore diventerà la loro situazione. Mentre si radicalizzano, demagoghi come Donald Trump e Tucker Carlson devono radicalizzarsi insieme a loro per fidelizzarne la lealtà.

Nel frattempo, le industrie estrattive, che forniscono gran parte dei finanziamenti del Partito Repubblicano, sono preoccupate per i cambiamenti demografici che stanno minando la loro base elettorale, facendo aumentare tasse e normative ambientali. È probabile che considerino le misure in materia di sicurezza in caso di pandemia come una pratica gestita per misure ecologiche che potrebbero ridurre i loro profitti in modo permanente: il rifiuto del COVID-19 e del cambiamento climatico provengono dagli stessi settori. Vogliono continuare a massimizzare i loro profitti a tutti i costi, nonostante la catastrofe ecologica e la guerra civile. Proprio come la ribellione per George Floyd ha esercitato pressioni sulle istituzioni della nostra società, i Repubblicani mirano a utilizzare la minaccia della violenza di massa come leva per preservare lo status quo.

Ma noi abbiamo qualcosa da guadagnare dall’escalation verso la guerra civile? Se l’estrema destra lo richiede, dovremmo sospettare di questo paradigma.

5 settembre 2020: membri della milizia a Louisville, Kentucky.

Cosa hanno in comune Democrazia e guerra civile La Democrazia è spesso intesa come alternativa alla guerra civile. L’idea è che si abbiano istituzioni democratiche che impediscano alle persone di uccidersi a vicenda per la diretta ricerca del potere. Questo è il contratto sociale che Trump è accusato di violare dai Liberali.

Ma se, come disse Carl von Clausewitz, la guerra non è altro che politica con altri mezzi, dovremmo prendere in considerazione ciò che democrazia rappresentativa e guerra civile hanno in comune. Entrambe sono essenzialmente lotte che ammettono un solo vincitore, in cui gli avversari competono per controllare lo Stato - ovvero per ottenere il monopolio della violenza, del controllo e della legittimità percepita. Le richieste della guerra civile, come quelle della campagna elettorale, premiano chi può fare appello a ricchi e potenti per le risorse e chi può ridurre il proprio programma al minimo comun denominatore per dar forma a una massa.3

“Guidati dalle esperienze di coloro che hanno partecipato alla rivolta originaria in Siria, possiamo imparare molto sui rischi del militarismo nella lotta rivoluzionaria. Una volta che il conflitto con il Governo di Assad è passato dai scioperi e sovversione alla violenza militarizzata, coloro che erano sostenuti da attori statali o istituzionali sono stati in grado di centralizzarsi come protagonisti; il potere si è riversato nelle mani degli islamisti e di altri reazionari. Come sostenuto dagli anarchici insurrezionalisti italiani, ‘la forza dell’insurrezione è sociale, non militare.’ La rivolta non si è diffusa abbastanza velocemente da diventare una rivoluzione. Si è trasformata invece in una macabra guerra civile, portando la cosiddetta “Primavera araba” al termine e con essa l’ondata mondiale di rivolte.”

-“Why the Turkish Invasion Matters” (Perché l’invasione turca è importante)

Se la guerra è politica con altri mezzi, allora la politica come la conosciamo - lo Stato e la sua forma più resiliente e stabile fino a oggi, la Democrazia rappresentativa - potrebbe essersi sviluppata come guerra con altri mezzi. I conflitti militarizzati che costringono tutti a schierarsi secondo un quadro binario tendono a dar forma alle stesse gerarchie, agli stessi meccanismi di inclusione ed esclusione e alla stessa centralizzazione della forza coercitiva fondamentali per lo Stato. Lo Stato emerge quando una delle parti vince una guerra e impone la sua autorità; la guerra civile riprende quando vengono meno gli incentivi a competere per il potere attraverso le elezioni anziché attraverso la forza bruta. Ma, alla fine, la guerra civile di per sé è destinata a finire con il riemergere dello Stato; qualsiasi altra cosa richiederebbe una rivoluzione in grado di trasformare i partecipanti, non un conflitto binario tra partiti all’opposizione. A tal proposito, se la guerra è la salute dello Stato, come ha scritto Randolph Bourne, potremmo dire che ciò vale anche per la guerra civile.

Una breve panoramica della storia degli Stati Uniti conferma che la Democrazia rappresentativa è sempre esistita parallelamente con la guerra civile. Bleeding Kansas ne è forse l’esempio più famoso: per anni, le persone hanno combattuto e si sono uccise a vicenda nella lotta per decidere se il Kansas avrebbe votato per preservare l’istituzione della schiavitù. Gli stessi rivali che si batterono e si spararono a vicenda una settimana, hanno votato l’uno contro l’altro quella successiva, per poi tornare a picchiarsi e spararsi a vicenda.

Trump e i suoi sostenitori fanno parte di un’antica tradizione che pensano che la Democrazia sia una variante della guerra civile. Per esempio, la strategia di Trump atta a intimidire gli elettori, attinge a una lunga eredità che risale ai Plug Uglies e ad altre bande che fecero ricorso alla violenza per manipolare sistematicamente l’esito delle elezioni.

“Rubare le elezioni è il modo in cui funziona la Democrazia. È come ha sempre funzionato. Se si legittimano il monopolio della forza e dell’autorità coercitive che sostengono di rappresentare la volontà del popolo, allora ovviamente le lotte di potere successive si concentreranno sulla definizione di quali persone costituiscono ‘il Popolo.’”

-Peter Gelderloos, “Prepararsi per disordini elettorali e una presa di potere della destra

In questo contesto, possiamo riconoscere l’enfasi di Trump sui raduni di massa in stile Norimberga come una forma demagogica di Democrazia originariamente derivata da scontri aperti all’interno della politica:

“Vincere un’elezione è un modo per rivendicare la legittimità di essere stato scelto dal popolo; essere acclamati per le strade o istituiti dalla violenza popolare sono altri modi. Nell’antica Sparta, i leader venivano eletti al consiglio degli anziani mediante una gara di urla: vinse il candidato che ricevette l’applauso più forte. Il termine tecnico per questo è acclamazione… Questa è la più antica forma di democrazia - spartana piuttosto che ateniese - in cui le masse legittimano un movimento o un partito al governo come rappresentativo acclamandolo di persona, piuttosto che attraverso le elezioni.

-Dalla democrazia alla libertà

Quindi la guerra civile non è una soluzione ai problemi della Democrazia rappresentativa. Non fa altro che perpetuare la logica della competizione maggioritaria per il potere su un altro terreno, il terreno della violenza aperta.

Sia la Democrazia rappresentativa sia la guerra civile fungono essenzialmente da intrattenimento, che subordinano l’agire della gente comune ai politici o ai membri della milizia.


Se il rischio che corriamo concentrandoci sulle elezioni insieme ai Liberali è d’interiorizzare la logica della politica elettorale, allora uno dei rischi che correremo investendo così tanto tempo nel combattere l’estrema destra è che interiorizzeremo anche le loro premesse, arrivando a credere che l’unica alternativa alla politica elettorale siano gli scontri militarizzati. La proliferazione di armi da fuoco alle manifestazioni sembra esserne un riflesso - non tanto le armi in sé quanto il modo in cui stanno arrivando a dominare la nostra immaginazione.

Alcuni accelerazionisti hanno accolto con favore l’escalation delle ostilità, osannando un’era post-democratica in cui chi è mosso da ideologie, sistemi di valori e nozioni di appartenenza differenti li combatteranno apertamente. Questo è, nel migliore dei casi, superfluo: viviamo già in un’era di guerra civile che quasi certamente peggiorerà. UcrainaCharlottesville— una, due, molte Siria. Il punto non è come fomentare il conflitto sociale ma come massimizzare la probabilità che il risultato di questi conflitti consisterà in maggior libertà, relazioni più egualitarie e, si spera, a lungo termine, maggior armonia.

Di solito, la posizione anarchica sulle elezioni consiste nel rifiutare la centralità del voto come fine ultimo della partecipazione politica. Nel 2020 è altrettanto importante respingere la guerra civile come alternativa. Questo non è un argomento contro la partigianeria di per sé, è piuttosto una questione di quale tipo di partigianeria vogliamo promuovere. Anziché formare o unirsi a una delle fazioni rivali che competono per il controllo dello Stato, cerchiamo modi per trasformare queste lotte e gli organismi sociali in esse coinvolti, allargando gli orizzonti delle possibilità.

Invece della guerra civile - rifiuto contagioso e rivolta

Al posto della guerra civile, che mette singole fazioni l’una contro l’altra in una competizione armata, puntiamo a diffondere la rivolta su base orizzontale e decentralizzata, destabilizzando le istituzioni del potere e le alleanze e i conflitti che le sostengono. Il primo passo in questo processo è respingere l’idea che qualsiasi legge, maggioranza o leadership abbia una pretesa legata alla nostra obbedienza. Il secondo passo consiste nell’eliminare ogni persistente romanticismo su ciò che possiamo realizzare con la sola forza delle armi: cerchiamo di trasformare le nostre relazioni con gli altri, non di sterminarli . Il terzo passo consiste nel rifiutare i nostri ruoli nel perpetuare l’ordine esistente, sia come partecipanti attivi in esso sia come complici passivi nel permettere che questo si perpetui, fornendo esempi contagiosi di ribellione che possono diffondersi in tutta la società.

Le rivolte ingovernabili di maggio e giugno hanno dimostrato quanto questo possa essere efficace. La guerra civile ruota intorno alla lotta contro un nemico; durante la rivolta, ci concentriamo sull’offrire a coloro che non sono ancora coinvolti ruoli come protagonisti nella loro versione della storia. Più ribellione e rifiuto si diffondono da un settore all’altro della società, maggiore è il potenziale per un reale cambiamento sociale. Modificando le condizioni in cui le persone concettualizzano le questioni che le riguardano e decidono come coordinarsi, possiamo ridefinire le linee del conflitto, per esempio da “Conservatori contro Liberali” a “residenti contro sfratti.”

Dovremmo anche esplorare tutti gli altri modi in cui possiamo relazionarci gli uni agli altri oltre alla guerra, creando precedenti positivi per la coesistenza e la cooperazione attraverso posizioni differenti. I programmi di mutuo soccorso che si sono moltiplicati da marzo possono creare legami tra persone che altrimenti non s’identificherebbero tra loro, diminuendo la probabilità che i conflitti si trasformino in forza letale. Oltre a sconvolgere l’ordine dominante, dobbiamo anche tessere un nuovo ordinamento sociale, creare la pace come misura offensiva contro inutili conflitti distruttivi.4

Necessario ma non sufficiente.

Questo novembre, se Trump tenterà di mantenere il potere e le soluzioni giuridiche non riusciranno a risolvere la crisi, alcuni centristi Liberali eserciteranno delle pressioni per fungere da truppe d’assalto della Democrazia, correndo rischi che non correrebbero mai per preservare l’integrità di un sistema elettorale che ha sempre represso le nostre voci e la nostra autonomia. Repubblicani di estrema destra e veri e propri fascisti vorrebbero vederci bloccati in una guerra simmetrica con milizie meglio armate che non vogliono altro che un obiettivo fisso e una scusa legittima per utilizzare le loro armi. Dobbiamo stare attenti a non finire intrappolati in nessuno di questi ruoli ma a tracciare il nostro percorso, valutando l’efficacia delle nostre azioni in base alla misura in cui raggiungono i nostri obiettivi.

Se le milizie armate tentassero di impadronirsi del Campidoglio per fare pressione sullo Stato affinché permetta a Trump di mantenere l’incarico, riprendendo la tattica sperimentata durante le proteste di “riapertura” di aprile , non dovremmo affrontarli lì in una battaglia in campo aperto. Dovremmo piuttosto identificare tutti i punti deboli di questa società attraverso i quali possiamo esercitare una pressione asimmetrica, tutte le catene di approvvigionamento che forniscono le risorse da cui dipendono le milizie, i loro sostenitori e lo Stato stesso. Proviamo a immaginare un’ondata di blocchi, scioperi, assemblee auto-organizzate e azioni di cooperazione che prendono di mira svariati aspetti dello Stato e dell’economia, derivanti da una molteplicità di forme di organizzazione sovrapposte che non possono essere tutte cooptate dai Democratici desiderosi di dettare le condizioni, stabilire precedenti che dureranno a lungo dopo che questo particolare momento politico sarà passato. Cogliendo l’opportunità di interporre le nostre narrazioni e i nostri programmi, parlando direttamente ai bisogni quotidiani della gente comune, potremmo uscire da questa crisi più forti e meglio connessi.

Se deve esserci una crisi, sfruttiamola al meglio.

La buona notizia è che siamo da soli

Se c’è una notizia inequivocabilmente buona in questo periodo elettorale, è che nessuno dei candidati principali rappresenta qualcosa di simile a un programma radicale. Se Bernie Sanders fosse diventato il candidato democratico e avesse vinto le elezioni, avrebbe dovuto affrontare lo stesso sabotaggio interno da parte di politici professionisti che gli hanno impedito di vincere la nomination, per non parlare delle sfide strutturali che hanno condannato le aspirazioni socialiste del Partito dei Lavoratori e di Syriza. I suoi sforzi per moderare il capitalismo spietato non potevano che fallire, inducendo alcuni dei suoi sostenitori ad abbracciare la realpolitik centrista, lasciando gli altri disillusi e amareggiati. Meglio che il centro venga screditato sotto Biden.

Il 2016 è stato una vita fa.

Per anni, abbiamo sostenuto che, a causa delle conseguenze della globalizzazione neoliberista, lo Stato può fare poco per mitigare l’impatto del capitalismo sul popolo in generale. In queste condizioni, nessun partito può mantenere il potere a lungo senza perdere legittimità e senza catalizzare l’opposizione. Ciò è avvenuto sotto il Partito dei Lavoratori in Brasile, sotto Syriza in Grecia, sotto Obama negli Stati Uniti. Ora lo abbiamo visto anche sotto Trump: i nazionalisti popolari e i suprematisti bianchi che hanno subìto così tante battute d’arresto sotto la sua amministrazione, oggi sarebbero probabilmente in una posizione più forte se fossero stati in grado di presentarsi come opposizione a un’impopolare amministrazione Clinton. Come affermammo il giorno dopo la vittoria di Trump alle elezioni del 2016:

Cerchiamo il lato positivo in questa nuvola di gas lacrimogeni in arrivo. Forse è meglio che qualcuno come Trump stia arrivando al potere ora, invece che tra quattro anni. Che la destra dimostri che le sue soluzioni sono altrettanto inadeguate di quelle proposte dalla sinistra. In un’epoca di crisi economiche, collasso ecologico e guerra in espansione, lo Stato è una patata bollente: nessuno potrà trattenerlo a lungo.

Se è vero che il potere statale è diventato una patata bollente che brucia chiunque cerchi di trattenerla - una tesi che sarà testata ancora questo novembre - l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che le nostre proposte rivoluzionarie si fondano con il programma blando di qualche partito politico. Se vogliamo apportare un cambiamento profondo e duraturo, i nostri movimenti devono continuare a crescere dal basso, dimostrando l’efficacia dell’azione diretta , suscitando un appetito per un cambiamento fondamentale, da non confondere mai con un programma di partito che potrebbe essere implementato attraverso l’apparato del potere statale esistente.

Se Biden dovesse riuscire ad assicurarsi la presidenza, dovremo voltare immediatamente pagina per affrontarlo, mostrando tutti i modi in cui la sua amministrazione continuerà a portare avanti il programma di Trump. Non deve esserci confusione sulla distanza tra i movimenti sociali popolari e il partito politico alla Casa Bianca.

Sotto la presidenza Biden, assisteremo probabilmente a un aumento degli attacchi da parte di un’estrema destra frustrata. Se Trump sarà sconfitto alle urne, i milioni di razzisti da lui fomentati non si limiteranno a spostare la loro lealtà su artisti come il Lincoln Project Dovremmo essere in grado di resistere ai loro attacchi nello stesso modo in cui abbiamo sconfitto le formazioni combattenti dell’estrema destra durante l’era Trump, a patto che i nostri compagni di sinistra e del centro non ci lascino combattere da soli. Ancora una volta, ciò sarà determinato dal fatto che consentiremo a Biden e ai suoi di creare l’impressione che la crisi degli anni di Trump sia stata risolta.

In ogni caso, anziché affrontare una scelta tra Democrazia e guerra civile, affrontiamo un futuro che quasi certamente le contempla entrambe. Sta a noi assicurarci che contenga anche qualcos’altro: uno slancio contagioso verso la liberazione.

Come scrivemmo quattro anni fa, poche ore dopo la vittoria di Trump,

Prenditi cura dei semi, anche nella bocca del vulcano.

  1. In molti Stati, registrarsi per votare rende il tuo indirizzo di casa una questione di dominio pubblico. Chi desidera evitarlo può registrarsi come senzatetto. 

  2. Per inciso, nessun candidato presidenziale statunitense ha mai ricevuto i voti nemmeno di un quarto della popolazione. 

  3. In un’ intervista all’inizio di questo mese, uno storico combattente anarchico in Rojava ha descritto come si è svolto nei primi anni della guerra civile siriana: “Con l’escalation dei combattimenti e l’intensificarsi della guerra, le fazioni più deboli sono state assorbite da fazioni più forti o semplicemente sciolte. Quando l’ISIS ha iniziato a penetrare in Siria nel 2013, le fazioni dell’opposizione hanno dovuto scegliere da che parte stare, con Daesh o contro di loro.” 

  4. A tal proposito, siamo ispirati dalle recenti dichiarazioni contro la guerra dei ribelli di entrambe le fazioni del conflitto tra Azerbaijan e Armenia. Possiamo imparare molto dagli anarchici e da altri antimilitaristi che hanno vissuto le guerre civili nell’ex Jugoslavia, in Colombia, in Perù, e in Irlanda del Nord